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venerdì 29 novembre 2024

"Ossessione" (1943): La Passione Distruttiva nell'Intensità Viscontiana



 Ossessione, il primo lungometraggio di Luchino Visconti, non è solo un film, ma un viaggio nelle profondità dell'animo umano, un'esplorazione della passione che divora e trasforma. Ispirato al romanzo Il postino suona sempre due volte di James M. Cain, Visconti plasma una storia di amore, gelosia e tradimento, ma lo fa in modo profondamente italiano, adattando l’opera americana a un contesto e a un linguaggio visivo che ne amplificano la carica emotiva e tragica.

Nel film, la relazione tra il vagabondo Gino (interpretato da Massimo Girotti) e la giovane e insoddisfatta Giovanna (interpretata da Clara Calamai) è il nucleo attorno al quale ruota l'intera narrazione. La loro passione è un fuoco che scatta all’improvviso, ma che è destinato a consumarli in modo irreparabile. Sebbene la trama segua in larga parte l'originale di Cain, ciò che Visconti riesce a fare in modo magistrale è intrecciare la tensione fisica e sessuale con una riflessione più profonda sui conflitti morali e sulle pressioni sociali che pesano sui personaggi. La passione che si accende tra i due protagonisti non è solo una storia di desiderio, ma diventa il motore che li spinge verso la distruzione, una corsa inevitabile verso il fallimento che ha radici tanto psicologiche quanto sociali.

Visconti, con il suo sguardo da neorealista prima che regista di "grande cinema", trasforma la relazione tra Gino e Giovanna in un'ossessione che travalica il piano della semplice attrazione fisica. Ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo tra i due sembra carico di un'intensità che non ha nulla di pulito o puro. È l’amore che diventa possessivo, geloso, ossessivo. È il desiderio di fuga dalla propria miseria che si materializza nell’altro, ma senza possibilità di salvezza. Gino e Giovanna si rincorrono e si respingono come se la loro unione fosse una ricerca disperata di qualcosa che non possono mai ottenere. Non c'è speranza, non c'è redenzione: solo una spirale di eventi che li porta sempre più lontano dalla loro umanità.

Una delle chiavi di lettura più potenti di Ossessione è il modo in cui Visconti rappresenta la classe sociale dei suoi protagonisti. Gino è un uomo privo di radici, un vagabondo che tenta di fuggire dalla propria condizione, mentre Giovanna è una donna imprigionata in una vita di provincia che cerca nell’adulterio una via di fuga dalla sua monotonia e dal marito brutale. Il loro amore non è solo una passione carnale, ma una lotta per affermare se stessi, per sfuggire alle proprie catene, e la loro infelicità è ancor più tragica perché si consuma all’interno di un contesto sociale oppressivo. La relazione tra i due non è mai liberatoria: sono due anime che si consumano nel tentativo di sfuggire alla realtà, ma che finiscono per essere ancora più intrappolate nelle loro ossessioni.

Visconti, in un primo piano dopo l’altro, costruisce un dramma fatto di silenzi tesi, dialoghi taglienti e ambientazioni spoglie che riflettono la povertà e l’isolamento dei suoi protagonisti. La fotografia, opera di Gianni di Venanzo, è potente ed evocativa, creando un’atmosfera claustrofobica che rispecchia la prigionia psicologica dei personaggi. Ogni scena è un quadro, in cui i volti dei protagonisti sono incorniciati da ombre e spazi vuoti, come se fossero sempre in cerca di un'uscita che non arriverà mai.

Un altro elemento fondamentale è la musica, che con la sua malinconica e, a tratti, inquietante intensità, accompagna ogni fase della storia, amplificando il senso di inevitabilità e di desolazione che permea il film. La sinfonia che attraversa il film non è solo un sottofondo emotivo, ma diventa essa stessa una voce che si sovrappone alla vicenda, accentuando la pesantezza dei destini dei protagonisti.

Ciò che rende Ossessione un'opera straordinaria è la capacità di Visconti di trasformare un dramma passionale in un’allegoria della condizione umana, un racconto che parla tanto delle miserie sociali quanto delle tragedie individuali. La passione tra Gino e Giovanna è una forza distruttiva, ma è anche il riflesso di un'epoca e di un ambiente in cui le possibilità di riscatto sono poche, dove le persone sono condannate a ripetere i propri errori senza speranza di cambiamento. Il film non ci offre soluzioni, non ci dà una via d'uscita. Ci lascia, invece, con il peso delle sue scelte, con il rimorso e la consapevolezza che l’amore, quando si trasforma in ossessione, può essere la più potente delle catene.

 Ossessione è un film che va oltre il melodramma per diventare una riflessione sulla natura distruttiva dei desideri umani. Con una regia sobria e viscerale, Visconti non si limita a raccontare una storia di amore impossibile, ma ci invita a entrare nella mente dei suoi protagonisti, a fare i conti con le loro fragilità, le loro angosce e le loro spinte autodistruttive.

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