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venerdì 29 novembre 2024

"Morte a Venezia"(1971): La Bellezza Assoluta nella Tragedia del Desiderio e del Tempo

 





Morte a Venezia (1971) di Luchino Visconti è un’opera che affascina e commuove, un film in cui la bellezza non è solo un tema, ma un destino ineluttabile. Tratto dal celebre racconto di Thomas Mann, il film è una meditazione profonda sul desiderio, la bellezza e la morte, in cui Visconti, con la sua maestria unica, riesce a catturare l’essenza della bellezza assoluta, un’idea di perfezione che è tanto sublime quanto distruttiva.

La trama del film ruota attorno al protagonista, Gustav von Aschenbach, un compositore di mezza età, interpretato da Dirk Bogarde, che si reca a Venezia in cerca di una quiete che non troverà mai. Qui, il suo incontro con Tadzio, un giovane ragazzo polacco di straordinaria bellezza, darà inizio a una spirale di ossessione e desiderio che finirà per travolgerlo. Il volto di Tadzio, simbolo di una bellezza senza tempo, diventa il nucleo centrale del film: l'incarnazione di un ideale estetico puro, ma anche irraggiungibile e, in fondo, letale.

La bellezza assoluta in Morte a Venezia non è rappresentata come qualcosa di edificante, ma come un qualcosa di quasi spettrale, che irretisce il protagonista fino a spingerlo verso una caduta ineluttabile. Visconti, attraverso il personaggio di Gustav, ci mostra come la ricerca della bellezza possa essere un'arma a doppio taglio. Gustav è un uomo che ha trascorso tutta la vita perseguendo una perfezione intellettuale e artistica, ma la sua ossessione per Tadzio lo fa vacillare, rivelandogli una bellezza che non ha nulla a che fare con l’arte e la disciplina, ma che è pura e incontaminata, ed è allo stesso tempo irresistibile e crudele. La sua iniziazione a questo desiderio lo porta a una continua ricerca di qualcosa che sa già essere impossibile da ottenere, un miraggio che lo porta verso la sua stessa rovina.

Visconti, con la sua regia raffinata, gioca con i dettagli visivi, con la fotografia straordinaria di Pasqualino De Santis, per esprimere un senso di decadenza e di bellezza che sfiora il macabro. Venezia, con le sue calli umide e i suoi canali oscuri, diventa il teatro perfetto per questa tragedia. La città stessa, sospesa tra la grandezza del passato e la rovina imminente, è un riflesso della condizione di Gustav. La sua bellezza esteriore è quella di una Venezia morente, che non può far altro che arrendersi al tempo che la consuma. La luce soffusa, i colori sbiaditi, l'atmosfera pesante: tutto nel film parla di un’idea di bellezza che si fa sempre più irreale, lontana, inafferrabile.

L’aspetto più interessante di Morte a Venezia, tuttavia, è come Visconti esplori il conflitto tra il desiderio e l'ineluttabilità della morte. La bellezza di Tadzio è l’apice di ciò che Gustav cerca di afferrare, ma è anche il simbolo di un’illusione destinata a svanire. La bellezza, tanto adorata, diventa l’agente della sua discesa. Gustav si avvicina sempre di più al giovane ragazzo, ma più lo fa, più sembra allontanarsi dalla sua stessa umanità. Il film si trasforma, quindi, in una riflessione sulla bellezza che diventa sempre più enigmatica e distante, portando inevitabilmente alla morte, sia fisica che spirituale.

La performance di Dirk Bogarde è memorabile, intrisa di delicatezza, sofferenza e autocontrollo, mentre Tadzio, interpretato da Björn Andrésen, è un’adolescenza eterea, un angelo di bellezza che, pur essendo inconsapevole della sua potenza, diventa la causa della rovina di Gustav. Il loro incontro, e il lento avvicinamento di Gustav a Tadzio, non è solo una questione di attrazione fisica, ma di una ricerca dolorosa e senza speranza di un ideale che si dissolve mano a mano che lo si insegue.

Morte a Venezia è un film che esprime, con maestria, la tensione tragica tra la bellezza ideale e la realtà che la consuma. Visconti ci offre una riflessione profonda sull’impossibilità di raggiungere la bellezza assoluta, sulla sua potenza e la sua crudeltà. In un film in cui ogni fotogramma è una composizione artistica, ogni movimento, ogni silenzio, ogni sguardo, è inteso a riflettere sul tema della bellezza che, pur essendo una delle esperienze più sublimi e desiderate dell’essere umano, è anche la più pericolosa. La bellezza, come la morte, è assoluta, ineluttabile, e si può solo ammirare da lontano, senza mai sperare di possederla.

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