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sabato 5 ottobre 2019

Roma, Altare della Patria.Oggi dovrebbe essere una giornata di lutto.


Numerose volanti della polizia con i lampeggianti accesi e a sirene spiegate, nella tarda serata di ieri all'Altare della Patria a Roma hanno reso omaggio ai due poliziotti uccisi nella sparatoria alla questura di Trieste.


venerdì 4 ottobre 2019

giovedì 3 ottobre 2019

Piotta: “Oggi Roma è più cattiva”

“Nasco a Nuovo Salario e cresco a via Regina Margherita da mia nonna, ma ho sempre frequentato zona Africano, dove ho cominciato a rappare”.  Il cantante Piotta si racconta da Piazza Elio Callisto, nel quartiere romano Trieste- Salario, conosciuta come la sedia del Diavolo, in una intervista video al FattoQuotidiano. “Ormai questa piazza nessuno la chiama più Sedia del Diavolo – spiega – venne dato questo nome, poi cambiato perché incuteva timore – i pastori in transumanza si fermavano qui a riposarsi e accendevano un fuoco”.
E parlando della sua città Piotta ha tracciato anche il profilo del romano: “Non è solo un tipo simpatico  è anche stronzo – dice – polemico, ha un lato oscuro che può uscire da un momento all’altro”. Anche Roma ha un oscuro, che il cantante racconta nel suo ultimo brano 7 vizi Capitale. “Oggi Roma è più incazzata e più complessaResta il suo aspetto umano, la voglia di aiutarsi, ma ce n’è anche uno che è più disumano e cattivo anche nelle piccole cose”. Roma di ieri e di oggi, Piotta spiega cosa è successo nella città. “Mio padre faceva il bagno al Tevere… c’era una dimensione tipo somma di paesi, borgate, che si sta perdendo. Oggi quella che è la nuova periferia è parecchio bistrattata. Ci sono persone che non hanno mai visto il centro storico, dicono è troppo lontano…”.

E’ una data più leggendaria che storica, ma ancora oggi Roma celebra la sua fondazione il 21 aprile rispettando la tradizione che vuole la città fondata da Romolo in questo giorno del 753 a.C. sul colle Palatino. Un anniversario per il quale anche Giacomo Puccini scrisse un brano, una volta famosissimo, ma caduto nell'oblio perchè la retorica fascista se ne impossessò. E’ l’Inno a Roma scritto dal grande compositore nel 1919, tre anni prima dell'avvento del fascismo! Il testo fu scritto da Fausto Salvatori che si ispirò al “Carmen saeculare” di Orazio, un inno corale di preghiera teso ad esaltare il destino egemonico ed eterno di Roma. Uno storico della letteratura latina scrisse a questo proposito che «Quel “Sole che sorgi” è certamente più bello e toccante di certi inni nazionali musicalmente mediocri. Ma era un inno fascista, o di cui comunque la retorica fascista si era impossessata: e quindi, Puccini o non Puccini, si è pensato bene di relegarlo in soffitta, dimenticandone l’esistenza». Ed invece fa sempre un bell'effetto ascoltare questo brano soprattutto quando ad eseguirlo è un tenore del calibro di Beniamino Gigli!

Nell’Aprile del 1918 le autorità romane chiedono a Fausto Salvatori di scrivere un’ode che commemori le vittorie campali delle truppe italiane ottenute negli ultimi mesi della prima Guerra Mondiale, e a Giacomo Puccini di musicarla. Il 24 maggio 1918 Puccini scrive al suo amico Guido Vandini: «Io son matto a scrivere l’Inno a Roma» ma, solo quattro giorni dopo, la musica era composta. Mandò una copia autografa del manoscritto al sindaco di Roma e una ad Alessandro Vesselle, noto compositore e direttore d'orchestra, che ne fece un arrangiamento per la sua famosa banda capitolina. La prima esecuzione dell'Inno venne fissata per il 21 aprile 1919, nel corso delle celebrazioni per l'anniversario della nascita della Città Eterna. Alcuni telegrammi spediti a Puccini precisavano che l'esecuzione del'Inno avrebbe avuto luogo a Villa Umberto, alle cinque e mezzo del pomeriggio. Puccini, però, aveva in mente di presentare l'Inno quella stessa sera al Teatro Costanzi di Roma - prima della rappresentazione dell’Aida - perché temeva che, con un numero ridotto di cantanti, non avrebbe avuto lo stesso effetto. Quel pomeriggio, però, tutte le orchestre dei teatri romani scioperano facendo saltare la recita del capolavoro di Verdi. Ed allora alle cinque di quel 21 aprile migliaia di persone sono radunati in Piazza di Siena, sotto un cielo minaccioso, ma una violentissima pioggia interrompe l’esecuzione dell’Inno. Viene così scelto il primo giugno quale nuova data, in occasione di varie competizioni ginniche allo Stadio Nazionale, sotto gli auspici della Casa Reale. L’Inno a Roma viene così cantato durante l'intermezzo della manifestazione sportiva e accolto con grande successo.

«La cosa migliore sarebbe di non recitare nessuna parte, ma di mostrare il proprio volto, non è vero? Non c’è maggiore astuzia che di mostrare il proprio volto, perché nessuno ci crede. (…) Beh, e qual è il mio proprio volto? L’aurea via di mezzo: né stupido né intelligente, abbastanza povero d’ingegno, uno che vive nelle nuvole, come dicono qui le persone di giudizio». Fëdor Dostoevskij, “I demoni”

Non hai mai notato quanta tristezza c'è negli occhi di chi ride e scherza sempre?

Buongiorno