Infibulazione. Una parola che avrete già sentito ma che – fino a qualche tempo fa – sembrava confinata a un mondo così lontano dal nostro da non suscitare particolare interesse. Oggi non è più così.
L’immigrazione, infatti, ha portato con sé anche questa terribile pratica e in Italia e negli altri Paesi europei è diventata una vera emergenza sanitaria e non solo. Ma cos’è l’infibulazione e perché viene praticata? In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza e sfatare qualche falso mito, come quello che vuole questa pratica legata esclusivamente al mondo islamico.
1. Infibulazione: cos’è e come viene eseguita
L’infibulazione è una (non l’unica) mutilazione genitale femminile a cui sono sottoposte milioni di donne e bambine ogni anno nel mondo. In particolare, l’infibulazione (chiamata anche circoncisione faraonica o sudanese per via delle sue origini) consiste nell’asportazione (escissione, cioè tramite un taglio) del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali, alla quale segue la cucitura della vulva.
Alla donna (o meglio, alla bambina, o addirittura, neonata) viene lasciato aperto solo un foro per la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Questa “operazione” viene eseguita quasi sempre senza alcun rispetto di norme igieniche, senza anestesia e con strumenti rudimentali. In molti Paesi è diventata reato negli ultimi decenni e a livello mondiale è stata dichiarata una grave violazione dei diritti della donna e dell’infanzia.
2. Infibulazione, dove ha origine e dove si pratica?
28 paesi dell’Africa sub-sahariana. Questa è la vastissima zona di diffusione di questo abominio. L’Organizzazione Mondiale stima numeri impressionanti: 130 milioni di donne mutilate e circa 3 milioni di bambine a rischio ogni anno. La domanda sorge tristemente spontanea… perché?
L’infibulazione, come le altre mutilazioni genitali femminili diffuse nel mondo, sono pratiche legate alla tradizione. Non sono legate, invece, a particolari motivi religiosi come erroneamente si è portati a credere.L’infibulazione, inoltre, ha origine pre-islamica, in particolare, nell’antico Egitto. Non si salvano da questa “tradizione” neanche le zone occupate dai copti (ortodossi e cattolici) del Corno d’Africa, in Eritrea e in Etiopia (ad eccezione della provincia nord-occidentale del Gojjam). In Niger, il 55% delle donne e delle ragazze cristiane è infibulata.
Insomma, l’infibulazione non è tanto “figlia” della religione quanto dell’ignoranza .
3. Le false credenze dietro questa terribile e dolorosissima mutilazione
Le false credenze che supportano questa terribile mutilazione sono diverse ma tutte girano intorno al controllo della donna, del suo corpo, della sua sessualità. Si tratta, in particolare, di una garanzia di verginità e di fedeltà al marito.
In molte società africane è un prerequisito per la buona conclusione del contratto di matrimonio. Se da un lato elimina drasticamente la possibilità per la donna di provare piacere nel rapporto sessuale, dall’altro dovrebbe, invece, aumentare il piacere maschile. Non solo, in molte culture si crede che l’infibulazione accresca la fertilità e metta al riparo la donna da malattie.
Inutile dire che questa pratica non solo non fa bene alla salute, ma spesso è causa di morte nel momento stesso della sua esecuzione, durante il parto e, quando non uccide la donna, causa comunque danni gravissimi e irreparabili.
4. Infibulazione, bambine a rischio anche in Italia
L’infibulazione comporta terribili conseguenze e danni sia sull’integrità fisica che su quella psichica della donna. I rapporti sessuali diventano estremamente dolorosi e difficoltosi, spesso insorgono cistiti, ritenzione urinaria e infezioni vaginali.
Gravi danni si hanno anche al momento del parto perché il bambino deve attraversare la massa di tessuto cicatriziale conseguenza della mutilazione. Non solo, è frequente la rottura dell’utero durante il parto, con conseguente morte sia della madre che del bambino.
Anche in Italia vivono molte donne che hanno subito la mutilazione degli organi femminili e molte bambine sono a rischio. Negli ultimi anni il Ministero della Salute ha attuato campagne di prevenzione e formazione sul tema sia per gli stranieri che provengono da paesi in cui l’infibulazione è praticata, sia per le strutture sanitarie che si trovano ad accogliere donne mutilate (spesso nel momento del parto), sia per gli insegnati della scuola dell’obbligo al fine di proteggere le bambine.
L’infibulazione è considerata un reato grave e i genitori che eseguono (o acconsentono a far eseguire) l’operazione perdono il diritto di essere tali.
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