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mercoledì 30 luglio 2025

Francesca Albanese sotto attacco: onore italiano difeso da chi non è l’Italia

In breve: 

Francesca Albanese, giurista italiana e relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 2022, ha denunciato apertamente quello che definisce un “genocidio” e un sistema di apartheid condotti da Israele a Gaza, criticando anche aziende americane che traggono profitto dall’occupazione.

Il 9 luglio 2025 il segretario di Stato Usa Marco Rubio ha annunciato sanzioni personali nei suoi confronti: congelamento di beni e divieto di ingresso negli Stati Uniti, accusandola di un’attività “vergognosa” contro Usa e Israele e di aver incoraggiato la Corte penale internazionale (CPI) a procedere contro funzionari statunitensi o israeliani.

L’ONU e la Commissione europea hanno chiamato all’immediata revoca delle sanzioni, denunciando la violazione dell’immunità dei relatori speciali e il pericolo di delegittimazione del sistema internazionale dei diritti umani.

In Italia, l’assenza di una qualsiasi reazione da parte del governo Meloni è stata definita “vergognosa” da molte voci, tra cui l’ANPI e le opposizioni parlamentari: nessuna parola di solidarietà verso una concittadina che rappresenta il nostro Paese alle Nazioni Unite.



Francesca Albanese: coraggio, coerenza, responsabilità. E l’Italia resti a guardare?

In un momento in cui la verità viene sempre più spesso soffocata da interessi geopolitici ed economici, Francesca Albanese rappresenta un faro di integrità e impegno. La sua voce – forte, documentata, implacabile – denuncia ciò che molti preferirebbero ignorare.

Difendere la verità come dovere civico

Di fronte a prove solide che documentano crimini contro l’umanità, sofferenze indicibili e la complicità – stretta o indiretta – di grandi aziende nell’occupazione israeliana, Albanese non ha esitato: ha chiamato le cose col loro nome, anche quando era inevitabile distinguere tra verità e opportunismo politico. La sua analisi del sistema economico dell’occupazione, trasformato in un “economia del genocidio”, è una denuncia alle nostre coscienze e un atto di responsabilità civile estrema.


Gli Stati Uniti chiedono il silenziamento: vergogna senza precedenti

Alla luce delle sue denunce, il governo statunitense ha imposto sanzioni personali a un’esperta delle Nazioni Unite. Congelamento dei suoi beni, divieto di ingresso negli Stati Uniti, accuse di antisemitismo o sostegno al terrorismo: tutto per aver fatto ciò che il suo ruolo richiede. Un messaggio chiaro: non importa la verità, importa la fedeltà politica. Le sanzioni sono state definite da lei stessa “tecniche di intimidazione mafiosa”.


L’Italia? Silenzio imbarazzante e complicità politica

In questo scenario torbido, il silenzio del governo italiano – nello specifico della premier Meloni e del ministro Tajani – risulta non solo assordante, ma profondamente inaccettabile. Nessuna dichiarazione di solidarietà, nessuna presa di posizione in difesa di una cittadina impegnata nel rappresentare il nostro Paese presso le Nazioni Unite. Un silenzio che alimenta sottomissione, mentre valori e diritti vengono messi a tacere.


Un modello da elogiare, una lezione da non dimenticare

Francesca Albanese incarna l’onore del nostro Paese nel consesso internazionale: scienza giuridica, rigore morale, passione civile. Resiste alle pressioni, ai tentativi di delegittimarla, a una macchina diplomatica che preferirebbe riscrivere la narrativa a proprio favore. La sua riconferma all’incarico ONU fino al 2028 è anche una vittoria di civiltà: la prova che chi parla di diritti può ancora farlo con dignità nel sistema internazionale.


Invitiamo tutti a spezzare il silenzio. A condividere, commentare, chiedere che l’Italia si schieri a fianco di chi difende veramente i diritti umani. Il tempo della complicità tace ora deve finire.