Benvenuti

Benvenuti

sabato 6 dicembre 2025

Buoni propositi per il Santo Natale prossimo di una donna single, divorziata e moderatamente sfiduciata (ma sempre elegante)

 Quest’anno ho deciso di vivere il Natale con realismo. Basta illusioni: voglio solo cose raggiungibili. Tipo trovare un parcheggio sotto le feste. O finire il panettone prima della scadenza(e cioè il prossimo anno a primavera).

Proposito n.1: Accettare serenamente che l’unico uomo costante nella mia vita rimane il fattorino che mi porta i pacchi. Lui sì che sa come trattarmi: suona, consegna e non chiede nulla.

Proposito n.2: Quando i parenti chiederanno “Allora, un nuovo amore?”, rispondere con un sorriso professionale e lo stesso tono con cui, da medico, dico “Vedremo gli esami”. Neutrale, ma con aspettativa zero.

Proposito n.3: Tenere a distanza i classici “magari quest’anno...!”: certo, come no. Magari arriva anche un unicorno che mi stira le camicie.

Proposito n.4: Ricordarmi che essere single ha i suoi vantaggi: nessuno che russa, nessuno che commenta il mio pigiama anti-sesso e nessuno che mi dice “ma sei sicura di avere bisogno di un altro caffè?”.
Sì, ne ho bisogno. E lo prendo.

Proposito n.5: Regalarmi un Natale senza drammi: solo lucine, dolci, e la consapevolezza che la storia più lunga e affidabile che ho è quella con il mio divano. Ed è una relazione sana, stabile e senza sorprese.

Proposito n.6: Fare pace col fatto che le uniche scintille che vedrò a Natale saranno quelle del caminetto…

Proposito n.7: Non farsi ingannare dalle canzoni natalizie che promettono baci sotto il vischio. L’unica cosa che ho baciato l’anno scorso è stata una coppa di spumante.

 Proposito n.8: Evitare i cinepanettoni sentimentali dove la protagonista trova l’amore in tre giorni. Io in tre giorni trovo a malapena il tempo di finire la lavatrice.

Proposito n.9: Ricordarmi che la cosa più vicina alla magia del Natale è quando trovo qualcosa al 70% di sconto.

 Proposito n.10: E soprattutto… imparare a godermi la mia compagnia. Perché alla fine, tra me e me, litigo e faccio pace giusto il tempo di scartare un cioccolatino.


E poi, tra una risata sarcastica e un brindisi anticipato, mi capita ancora di pensarci: al senso dell’amore.
A quella cosa misteriosa che si infila tra un ricordo e un respiro, e che nonostante tutto continua a bussare da qualche parte dentro di noi.

Non è nostalgia da film strappalacrime, né quella roba zuccherosa da bigliettino di San Valentino.
È più una consapevolezza tranquilla: l’amore, quello vero, non è necessariamente una persona seduta sul divano accanto a te. A volte è la memoria di un abbraccio che ti ha fatto bene, anche se appartiene al passato.
È la certezza che, malgrado i capitoli che si sono chiusi in modo brusco o assurdo, ci sono stati momenti sinceri, puliti, che hanno lasciato tracce buone.

E forse è questo che fa un po’ tenerezza: rendersi conto che nonostante tutto, dentro di noi non si spegne mai del tutto quella piccola luce che ci ricorda cosa si prova a essere scelti, visti, desiderati.
Non è rimpianto, non è rimorso. È solo la memoria di un calore che in qualche modo continua a far parte di noi.

E mentre ci diciamo che “non ci crediamo più”, la verità è che non abbiamo smesso del tutto. Semplicemente, abbiamo imparato a volerci più bene. 
E a concederci il lusso di aspettare qualcosa che non sia perfetto e che non ci voglia sempre perfette.

Perché alla fine, l’amore non è una promessa da rispettare a Natale, né un colpo di scena studiato per farci commuovere sotto le lucine dell’albero.

È qualcosa di molto più semplice e più difficile allo stesso tempo: è riconoscere quando qualcuno ci fa stare bene senza chiederci di essere diverse da ciò che siamo.

E se non arriva, non significa che abbiamo fallito.
Significa solo che la nostra storia ha un ritmo diverso, e che nel frattempo possiamo continuare a coltivare tutto ciò che ci rende vive: relazioni , passioni sincere, e quella capacità – ostinata, quasi testarda – di ricominciare

E questo richiede tempo, pazienza, e soprattutto onestà brutale con noi stesse.
Richiede il coraggio di guardare le ferite, senza farci definire da esse.

Qualcuno, una volta, mi chiamò “incursore” proprio per questa capacità testarda di non arrendermi mai.
E forse aveva ragione: entro ed esco dalle difficoltà, dalle delusioni, dalle ripartenze, con una tenacia che a volte stupisce anche me.
Non per eroismo, ma per necessità. Perché andare avanti è l’unica direzione possibile.

Forse l’amore, quello autentico, non arriva come un regalo improvviso.
Forse si riconosce solo quando abbiamo fatto abbastanza pace con noi stesse da sentirlo senza paura.



E' quella forza silenziosa che ci spinge sempre un passo più avanti.

Non è una favola.
È la vita.
E a volte, essere “incursori” è già una grande forma d’amore.











Nessun commento:

Posta un commento