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giovedì 18 agosto 2016

Siamo sempre così integrati: o ipercritici o iperludici. Anche la vita reale si trasforma in vita virtuale che ci fa perdere la realtà della realtà. Siamo in un'iperealtà, ma sempre più diminuita

 momento/bisogno collettivo di distrazione di fronte a una realtà che non si comprende più e che piace sempre meno (la grande stagnazione, il terrorismo, le disuguaglianze che crescono); o come autentica ludopatia. Ma anche e soprattutto come una pedagogia per accettare il dogma capitalistico del dover essere connessi e del dovere di adattarsi alla realtà, fuggendo in una piacevole e molto divertente realtà oltre la realtà.

 Fenomeno di idiozia collettiva 
 perché non far capire cosa sta succedendo è un’altra modalità normalissima di esercizio del Potere, soprattutto nella sua forma moderna e biopolitica.
Qualcuno ha provato a richiamarci alla realtà reale: i bambini siriani. Con i disegni dei Pokémon in mano hanno chiesto di essere catturatiloro (e quindi salvati) al posto dei mostriciattoli giapponesi. Le loro foto sono state pubblicate su Twitter dall’organo di comunicazione e informazione delle diverse opposizioni al governo di Bashar-al-Assad. Già, perché mentre il videogioco ha conquistato la rete e milioni di persone – e già si favoleggia di nuovi business per le imprese – in Siria continua un conflitto promosso e sostenuto anche dall’Europa e dagli Usa, che negli ultimi cinque anni ha provocato la morte di 470mila persone. Ma questa è una realtà reale che appunto non ci piace, anche se ne abbiamo colpa, e preferiamo nasconderla sotto il tappeto della realtà aumentata.
Senza capire cosa sta succedendo, ha detto Oliver Stone. Noi sempre più funzionando (e divertendoci) – aggiungiamo e aggiungiamo ancora– come richiesto dall’apparato tecnico e capitalista. 
Agli entusiasti/integrati, a quelli che dicono-"sei sempre tu la strana"-, si potrebbe suggerire di leggere L’industria della felicità (appena uscito per Einaudi), del sociologo inglese William Davies, dove si spiega di come la produzione industriale di felicità (quindi eteronoma – la felicità come un prodotto/merce – ma fatta percepire e percepita come individuale e reale) sia un obiettivo bi-secolare e sempre più affinato e raffinato (usando la psicologia) del capitalismo.
Ma si potrebbe suggerire anche di leggere L’Algoritmo Definitivo, dell’esperto di information and computer science, Pedro Domingos (edito da Bollati Boringhieri). Un libro agghiacciante per chi crede ancora nel libero arbitrio.
Ma questa è appunto la sublimazione dell’eteronomia e della non-libertà. Della nostra minorità.Siamo ormai dominati dagli  algoritmi ,anche psichici che sono il nuovogirello per bambini – come lo definiva Kant – dentro cui ci tiene il potere (il biopotere, la religione) di tecnica e capitalismo, impedendoci di camminare con le nostre gambe e di pensare con la nostra testa. L’Algoritmo Definitivo – nuova escatologia, nuova teleologia, nuovateologia tecnica – definisce la nostra ultima fuga dalla libertà (riprendendo Erich Fromm), verso il totalitarismo degli algoritmi. Ma anche del gioco infinito. E della nostra sempre più minorità.


Lelio Demichelis


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