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mercoledì 14 agosto 2024

ALLA FINE AVEVA RAGIONE MONTALE...

 L’estate è decadente.

È un tempo sospeso tra una doccia e una sudata sul coppino.
In estate tutto rallenta per sopravvivere, cambia ritmo e si ritira nell’ombra, perché sotto il sole si brucia e muore. Tocca meriggiare in estate, sopportando le cicale chiacchierone e i grilli impertinenti. Coprirsi gli occhi e, sì, bere molta acqua sennò cosa si suda?
La verità è che la trovo assai volgare l’estate, con le ciabatte strascicate, gli aloni sotto le ascelle, pantaloncini ovunque, come in spiaggia.
La trovo sciatta col lino stazzonato che vorrebbe essere elegante, invece è solo trascurato.
Se dovessi scrivere un romanzo angosciante, lo ambienterei tra luglio e agosto e il morto ci scapperebbe verso le due del pomeriggio, col sole a picco, in quel silenzio posticcio interrotto sempre dal chiacchiericcio delle cicale.
Quel silenzio di solitudine, di una domenica di fine luglio, dove chi non è al mare a divertirsi, con la premura di far sapere al mondo, che è al mare e si sta divertendo, chiude gli scuri e si ritira nel buio, e nel silenzio interrotto dalle pale del ventilatore.
Perché in estate corre l’obbligo di divertirsi o di nascondersi, tra il buio e il silenzio affinché il mondo non sappia che non stai partecipando alla festa globale, almeno per metà dell’emisfero.
E così è anche faticosa, l’estate, tra obblighi vari, di abbronzatura e allegria, pancia piatta e dorsale guizzante.
Ma per fortuna poi torna l’autunno e con lui il riposo e la clemenza che la nebbia sa regalare.
E torna il silenzio, quello vero, umido e ovattato dei nebbioni della pianura padana.
Quello che non ti obbliga a niente se non a godere di un panorama magico e malinconico, accoccolato in una coperta di tranquillità .



giovedì 20 giugno 2024

Quando il Nemico Diventa un Compagno di Pensiero: Cronache di una Scoperta brutale

 Nella tragicommedia della vita, avere un nemico è inevitabile come trovare l'ultima fetta di torta già mangiata. Che sia per divergenze personali, professionali o ideologiche, la presenza di un "nemico" è una costante irritante. Eppure, ogni tanto la vita ci offre una chicca degna di un film di Woody Allen: scoprire che condividiamo più pensieri e convinzioni con il nostro nemico di quanto avremmo mai voluto ammettere.

La Scoperta Choc

Immaginatevi a una riunione, o peggio, a una cena di famiglia, quando all'improvviso qualcuno esprime un'opinione che sembra uscita direttamente dalla vostra mente brillante. Poi, con un mix di orrore e incredulità, vi rendete conto che quella voce appartiene al vostro acerrimo nemico. Complimenti, siete appena entrati nella zona del crepuscolo delle rivalità!

La Complessità dell'Essere Umano (Anche Quello Irritante)

Questo evento è un promemoria che gli esseri umani sono complicati. Sì, anche quelli che ci fanno venire l'orticaria. Siamo abituati a vedere i nostri nemici come creature a una dimensione, ma ecco che la vita ci scombina le carte: anche loro possono avere idee che risuonano con le nostre.

Riconsiderare il Concetto di Nemico (Perché Non Ci Mancava Proprio)

Accorgersi di avere punti di vista comuni con un nemico ci porta a riconsiderare il concetto stesso di nemico. Forse, la persona che abbiamo sempre visto come un avversario non è poi così diversa da noi. Giusto quello che ci serviva per complicarci ulteriormente la vita.

Un'Opportunità di Crescita (O di Ulcere)

Scoprire di condividere pensieri con un nemico è un'opportunità di crescita personale. O di procurarsi un'ulcera. Ci incoraggia a esaminare i nostri pregiudizi e, con un po' di sforzo, a non urlare: "Ma sei serio? Proprio tu?"

Cara nemica, la vita è proprio un cabaret di sorprese. Una delle più surreali è scoprire che spesso tu condividi i miei stessi pensieri e convinzioni. Questo momento è un’opportunità per esplorare la complessità delle relazioni umane, rivedere i nostri pregiudizi e, perché no, farsi una bella risata a spese del destino. In ultima analisi, mi ricorda che, al di là delle nostre differenze, esistono punti di connessione che ci fanno l'occhiolino nei modi più inaspettati e, francamente, fastidiosamente ironici. Chissà, magari la prossima volta scopriremo che siamo pure gemelle ...separate alla nascita.

                                Il Tuo scellerato detrattore (Inaspettatamente Riflessivo)





lunedì 10 giugno 2024

L'Illusione della Superiorità: La Corsa Verso il Vuoto



In una corsa senza fine, molti trascorrono la loro vita affannandosi, inseguiti dall'ombra della propria insicurezza. Ogni giorno, con la mente in subbuglio e il cuore in tumulto, si sforzano di avere ragione, di dimostrare di essere sempre un passo avanti agli altri. L'intero universo sembra trasformarsi in una sfida continua, un terreno di battaglia dove ogni discussione diventa una questione di vita o di morte, ogni opinione un'opportunità per dimostrare la propria superiorità.

Ma dietro questa frenesia, dietro questo bisogno irrefrenabile di prevalere, si nasconde una verità amara: una profonda mancanza di stima di sé. Come un'anima che si rifugia in una maschera di sicurezza apparente, si corre e si accelera, si lotta e ci si impone di sembrare più veloci, più intelligenti. Si cerca disperatamente l'approvazione altrui, come se la conferma del proprio valore potesse finalmente arrivare dall'esterno, come se l'applauso degli altri potesse colmare quel vuoto interiore che si porta dentro.

Ogni vittoria in questa corsa sembra un piccolo sollievo, un momento fugace di soddisfazione, ma è solo un'illusione. Perché la vera pace, la vera serenità, non risiede nell'essere migliori degli altri, ma nel conoscere e accettare sé stessi. E così, mentre si continua a correre, la stanchezza cresce, il peso dell'inganno si fa sentire, e quel desiderio incessante di dimostrare qualcosa agli altri si trasforma in una gabbia dorata da cui sembra impossibile uscire.

Ma c'è speranza. C'è un momento in cui, forse, la corsa può rallentare, in cui si può guardare dentro di sé e scoprire che non c'è bisogno di competere, non c'è bisogno di dimostrare nulla a nessuno. È in quel momento di introspezione che si trova la vera libertà, la libertà di essere semplicemente sé stessi, senza paura, senza vergogna. E allora, finalmente, si smette di correre, si smette di affannarsi. Si impara a camminare con calma, a vivere con autenticità, e a riconoscere che il valore di una persona non si misura nella velocità con cui supera gli altri, ma nella profondità con cui conosce e accetta sé stessa.

 

domenica 2 giugno 2024

Da Cecchino Preciso a Kamikaze della chat. Il Declino di un Abile Provocatore

 C'era una volta Marco, maestro indiscusso dell'arte della polemica online, un cecchino dialettico che, con precisione chirurgica, demoliva le argomentazioni altrui lasciando dietro di sé solo macerie di logica e raziocinio. Ma come ogni grande tragico eroe, anche Marco ha subito la sua caduta, passando da una figura  temuta a un disastro ambulante, un kamikaze della dialettica che ormai ha perso ogni parvenza di lucidità.

Una volta, Marco era un virtuoso della polemica, un cecchino dialettico capace di smontare gli avversari con precisione chirurgica. Oggi, però, la sua caduta è tanto drammatica quanto ridicola: un tempo maestro, ora è diventato un kamikaze delirante e patetico, un relitto umano che si lancia in inutili attacchi verbali come un disperato alla ricerca di un'ultima scintilla di attenzione.

In passato Marco era temuto . Armato di logica inoppugnabile e ironia tagliente, sparava colpi letali che mettevano a tacere chiunque osasse sfidarlo. La sua reputazione era tale che bastava un suo intervento per chiudere una discussione . Ma quei giorni di gloria sono ormai svaniti, sepolti sotto una montagna di follia autodistruttiva.

 Non è più interessato alla verità o alla logica. Ormai l'unico suo scopo è seminare caos e distruzione, come un kamikaze senza speranza né dignità..

Una volta additato per la sua intelligenza, ora è deriso come un pazzo fuori controllo. Quelli che una volta lo temevano, ora ridono della sua follia, osservando con scherno mentre si lancia in battaglie senza senso, urlando nel vuoto.

La metamorfosi di Marco da cecchino dialettico a kamikaze del ridicolo è una tragedia e un ammonimento. La sua caduta è la dimostrazione vivente di come l'ossessione per la provocazione possa distruggere anche le menti più brillanti. Non è più un maestro della parola, ma un relitto patetico, una figura grottesca che si agita convulsamente nelle sue ultime, inutili esplosioni di rabbia e stupidità.

In questo triste spettacolo,  è diventato il simbolo di ciò che accade quando si perde il controllo e si abbandona ogni parvenza di razionalità. Un tempo era un gigante della dialettica, ora è solo un'ombra patetica e ridicola, un uomo che ha sacrificato l'onore e l'intelligenza sull'altare della provocazione fine a sé stessa.  Oggi, c'è un uomo non è che un fantasma di se stesso, un uomo che ha scambiato l'abilità e l'intelligenza con un approccio autodistruttivo e caotico. 

In questo drammatico declino, Marco ha perso di vista l'essenza stessa della provocazione dialettica: la capacità di colpire dove fa male con precisione e intelligenza. Ora è solo un uomo arrabbiato e confuso, che si lancia contro mulini a vento con la stessa efficacia di un kamikaze che dimentica di premere il pulsante.

 L'arte della polemica richiede abilità, pazienza e rispetto per l'intelligenza altrui. Marco, nell'aver perso queste qualità, ha perso anche se stesso, diventando il tragico protagonista di una parabola di autodistruzione. E così, mentre lui continua a lanciarsi in battaglie senza senso, noi non possiamo fare altro che osservare, scuotendo la testa e ricordando i tempi in cui (forse) era davvero un maestro.



mercoledì 29 maggio 2024

NEFARIOUS , spettacolare e geniale Sean Patrick Flanery.

 A pensarci bene, le idee sono un po’ come la mamma: volente o nolente, tutti ne hanno una. Ve ne sono di grandi e di piccole, di belle e di brutte, di geniali o a dir poco imbarazzanti. A volte, però, alcune idee somigliano a tal punto alla Fede che, se ci si crede sino in fondo, riescono a fare autentici miracoli. Ed è un qualcosa, se non certo di miracoloso, quantomeno di sorprendente ciò che Chuck Konzelman e Cary Solomon sono riusciti a realizzare con questo piccolo e curioso Nefarious , tirando in piedi pressoché dal nulla e con risorse ridotte a ben meno che al proverbiale osso un insolito thriller decisamente poco para e marcatamente più psicologico, capace di prendere di petto un sotto genere ormai fiaccamente abusato come ilpossession movie e di buttarlo senza troppi complimenti dritto in lavatrice, centrifugandolo per benino sino a riportarlo, se non ai vecchi cari splendori, quanto meno a una fresca e corroborante dignità. Il tutto senza che alcuno sboccato insulto ultramondano alle altrui genitrici o fiotto di vomito multicolore giunga per una volta a imbrattare la bianca parete dello schermo. Che sia puro talento o la proverbiale fortuna degli ormai non più giovincelli principianti non è ben chiaro, soprattutto dinnanzi a un prodotto così tanto progressista nella struttura quanto insolitamente conservatore nella sua moralina di fondo. Così smaccatamente pro-vita da non farsi alcun problema nello sbatterci in faccia il suo insegnamento antiabortista e la sua condanna a qual si voglia forma di esecuzione capitale nel mentre in cui l’Inferno, quello vero, inizia letteralmente a scatenarsi sotto ai nostri occhi.

Sta di fatto, comunque, che non tutti sarebbero oggi in grado di ficcare un rampante psichiatra (Jordan Belfi) e un mellifluo serial killer prossimo all’esecuzione (Sean Patrick Flanery) all’interno di un parlatorio, lasciandoli a disquisire di etica, metafisica e teologia per una buona oretta e mezza senza che il demone della noia, sornione e implacabile, inizi a impossessarsi dei poveri arrendevoli spettatori, al pari della non meglio precisata mefistofelica entità che il novello Jeffrey Dahmer afferma abbia preso dimora fissa nel suo maligno (e a breve ben fritto) cervellino. Dr. Martin ed Ewdard Wayne Brady: l’uno il Bene, l’altro il Male; l’uno la Ragione e l’altro la Fede. Il primo, cinico e sprezzante, chiamato a valutare la sanità o l’infermità mentale di un Dead Man Walking la cui sentenza appare sempre più in bilico. Il secondo, inquietante e manipolatorio, convinto invece di essere nientemeno che la personificazione del satanasso Nefarious , diabolico sgherro di Sua luciferina Malevolenza in persona, pronto a ingaggiare con il proprio clinico confessore una tesissima querelle retorica con cui dimostrare la bontà (o malignità) delle proprie affermazioni. Arrivando addirittura ad annunciare al suo incredulo avversario come, ben prima dell’evangelico triplice canto del gallo, la bellezza di tre omicidi verranno commessi proprio da quest’ultimo dentro e fuori le arrugginite sbarre dello stramaledetto penitenziario, senza che una sola gocciolina di acqua santa venga inutilmente versata o alcun poderoso crocifisso sbandierato ai quattro venti.

Ed è così che Nefarious finisce via via per trasmutarsi in qualcosa di non così ben definito, trascinando il suo destabilizzato co-protagonista in una progressiva crisi spirituale ancor prima che professionale. 



Due cose nella vita sono intrecciate indissolubilmente: la mente riflette il mondo, e il mondo riflette la mente.

 

Home Education | Rocco Fasano, Julia Ormond e una poderosa opera prima

Una famiglia, una forza demoniaca e una macabra scoperta. Ma com’è il film di Andrea Niada?

Fino a che punto si può spingere il delirio di una mente isolata, privata di qualsiasi contatto con il mondo reale? Rachel (Lydia Page) è un’adolescente cresciuta in una casa persa nei boschi della Sila, costruita secondo i principi di un culto di cui la famiglia è seguace. Alla morte del padre Philip, l’oppressiva madre Carol (Julia Ormond) costringe la figlia a vivere con il cadavere, priva di contatti con il mondo ad eccezione di alcuni brevi incursioni nel bosco circostante, nella convinzione che il corpo senza vita si rianimi. L’arrivo di Dan (Rocco Fasano), un ragazzo del luogo, muterà per sempre gli equilibri. Parte da qui Home Education – Le regole del male, opera prima e ampliamento dell’omonimo cortometraggio del 2016 di Andrea Niada.

Un horror di carattere Home Education, un high-concept ridotto all’osso: una location scarna, un cast piccolo e di livello, capitanato da una Ormond formidabile nella sua Carol dalla colorita dimensione caratteriale a metà tra il Jack Torrance di Shining e la Annie Wilkes di Misery non deve morire, ma soprattutto tante, tante idee e questa non è mai una cosa scontata (anzi). Quello di Niada è cinema esoterico di tensione e suggestioni ambientali che nel raccontare di un lutto impossibile da elaborare, viene avvolto di rivoltante puzza di morte, costruzioni d’immagine oniriche in putrefazione e jump-scare al ritmo di laceranti urla dall’oltretomba.

 Quindi (dis)equilibri familiari di dipendenza e manipolazione vecchi e nuovi da cui emerge il talento di una notevole Page, specie nel dialogare con il brillante Fasano, ribaltamenti di ruoli, e la percezione del male come profondamente radicato sin nelle fondamenta del contesto scenico. Un piccolo-ma-grande film Home Education, una gemma di cinema horror che rivela al mondo le idee e la poetica tutta in divenire di un giovane autore come Niada che non vediamo l’ora di scoprire.


venerdì 10 maggio 2024

Magnifico

 Nel sussurro di una notte avvolta dal mistero dei sogni, si dipana una prosa soffusa e malinconica, come un riverbero di luci smorzate nel crepuscolo. Una storia intrecciata con fili di pensieri e ricordi, come le note di una melodia sospesa nell'aria.

In principio, come un sussurro appena udibile, nacque un sorriso che danzava leggero sulle labbra di un'anima in cerca di rifugio. Era un'eco di gioia, un'illusione fugace tra le pieghe del tempo. Eppure, come ogni cosa che sboccia nel silenzio, quel sorriso prese forma e colore, trasformandosi in un canto lieve, un canto che solo il cuore poteva udire.

Ma il destino intesse trame complesse, giocando con le vite come un artigiano abile tra le pieghe di un tessuto sognante. E così, quel sorriso si tramutò in un sogno, un sogno vago e incerto, come le stelle che si specchiano nell'acqua quiete di un lago.

Le parole danzarono intorno a quel sogno, come farfalle leggere che si librano nell'aria. Raccontavano di risate perdute nell'eco dei ricordi e di lacrime silenziose cadute nell'abisso . Ma soprattutto, quelle parole narravano di un'illusione, di un barlume di verità celato dietro un sipario di apparenze.

E così, mentre la notte abbracciava il giorno con dolcezza, quel sogno prese vita nel frusciare delle foglie d'autunno e nel profumo antico di un amore perduto. Una storia che si dipanava come un canto sommesso, come il richiamo di un tempo irrecuperabile.

Così, come un sussurro udito appena , il ricordo si univa al respiro della musica, danzando insieme nell'infinito abbraccio della notte e dei sogni.



giovedì 9 maggio 2024

Sul Mare della Vita


 Sul mare della vita

dove l'onda battente incontra scogli inermi e grigi,
Navigai , senza timone,
Verso il sogno di un amore smarrito.

L'orizzonte, cupo e impenetrabile,
Raccolse i sogni miei muti,
Come foglie che il vento
Schiaccia al suolo nell'eterno autunno.

Ora il cuore mio cova
ricordi e sogni ,
E nell'abisso nero del rimorso
Tuffa il guardo il mio spirito .

Ma il tempo, implacabile, sgretola
Le rovine dell'anima,
E sul mare della vita, ove l'onda
Battente incontra scogli inermi e grigi,

Navigo ancora, senza timone,
Verso un sole che non vedrò più .



domenica 5 maggio 2024

NON ANDARTENE DOCILE IN QUELLA BUONA NOTTE

 Non andartene docile in quella buona notte,

i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte.

I probi, con l'ultima onda, gridando quanto splendide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
s'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.

Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
troppo tardi imparando d'averne afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s'infuriano, s'infuriano contro il morire della luce.

E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce.

Maggio 1951

Dylan Thomas