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giovedì 7 agosto 2025
Olandesina: l’arte sublime del far niente… con talento.
Una sirena della notte che non ha intenzione di spegnere le luci.
Nel grande circo del web, tra gente che cucina coi piedi e filosofi da Instagram, esiste una categoria superiore. Un’icona. Una figura che danza sulle regole del pudore e dell’algoritmo sessuale con la grazia di chi sa esattamente dove sta il limite… ma lo stira la sera in diretta.Una via di mezzo tra Baby Spice e una cheerleader in sciopero della vergogna.
Lei è Olandesina.
Una visione bionda e ipnotica, a metà tra una fata del metaverso e una diva da sala prove della Garbatella improvvisata, che si esibisce in streaming con quella miscela esplosiva di seduzione velata e candore da “io? Ma sto solo ascoltando musica…”.
Niente di volgare, intendiamoci: solo una costante e chirurgica esposizione calibrata al millimetro. Come se fosse tutto casuale, ma ripetuto con invidiabile precisione.
Olandesina è un capolavoro contemporaneo: zero contenuti, mille visualizzazioni.
Nessuna dichiarazione, ma ogni movimento è una tesi sull’arte dell’ambiguità sessuale gestita in chiave softcore con filtri da Instagram story.
Con quella leggerezza irritante di chi non ha mai letto un libro, ma ha capito tutto della comunicazione visiva.
E poi c’è lui.
Fox.
Il “manager”.
Una figura mitologica, metà moderatore, metà PR, metà talpone da discoteca del 1994, che presidia la chat come un vecchio usciere convinto di essere il direttore artistico del secolo.
È lui che enuncia perle del tipo:
“Restate connessi, tra poco si scalda l’atmosfera ”,
“Niente pressioni ragazzi, Olandesina decide lei se e quanto...”.
Lei è La Regina, sì.
Fox è il “manager” ufficiale, anche se in pratica è il portinaio digitale dello show. Modera la chat con l’energia di un PR alle prime armi, lancia promozioni tipo “stasera forse si balla con le calze a rete ”, e supervisiona tutto con la gravità di chi crede davvero di star dirigendo il Moulin Rouge, mentre gestisce una diretta da un salotto con luci LED.
Eppure, malgrado tutto, c'è qualcosa di quasi tenero nel suo show continuo. Un che di infantile travestito da maturo. Forse è l’unica vera forma d’arte rimasta: la provocazione svuotata di senso, ma piena di views.
Un teatro grottesco dove Olandesina è regista e protagonista,
Il suo pubblico? Un mix tragicomico di voyeurs in cerca di conforto e mariti smarriti nel mare del 5G.
Ma questo è il vero colpo di scena: funziona.
Perché in mezzo a un web pieno di gente che si prende terribilmente sul serio, lei non dice nulla, non spiega nulla, non pretende nulla.
Semplicemente, si mostra.
Sarà anche esibizionista, e chi lo nega? ma lo è con stile, con finta timidezza, con quella teatralità da attrice che recita la parte della ragazza inconsapevole… con la fotogenia perfetta, la luce giusta e un pubblico pronto a bersi tutto.
Malgrado tutto, le vogliamo bene.
Perché Olandesina, nel suo piccolo show in loop, è una certezza. Non cambia mai, non delude, non pretende nulla. CI RICORDA CHE L'UNIVERSO PUO' ANCHE NON CAMBIARE.
È lì per ricordarci che il mondo è pieno di cose inutili… e che molte di queste, se fatte bene, sono deliziose.
Quindi grazie, Olandesina. Continua a danzare per noi. A muoverti come se nulla fosse, a giocare al gioco dell’ingenuità armata, a intrattenerci con il tuo mistero biondo . Solo che lo show è un po’ fuori tempo massimo.C’è piuttosto quel territorio scomodo in cui la sensualità diventa un esercizio di ostinazione, una lotta disperata contro il tempo, il buonsenso.
E tu, spettatore, puoi indignarti, ridere, schifarti… o semplicemente restare lì, catturato come una falena davanti al neon.
Continua a danzare sul filo dell’equivoco, a sembrare inconsapevole mentre domini lo schermo, a farci sorridere e scuotere la testa allo stesso tempo.
E tu, Fox… continua pure a “gestire la community”.
Qualcuno dovrà pur spegnere le luci quando finisce lo show.
mercoledì 30 luglio 2025
Francesca Albanese sotto attacco: onore italiano difeso da chi non è l’Italia
In breve:
Francesca Albanese, giurista italiana e relatrice speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 2022, ha denunciato apertamente quello che definisce un “genocidio” e un sistema di apartheid condotti da Israele a Gaza, criticando anche aziende americane che traggono profitto dall’occupazione.Francesca Albanese: coraggio, coerenza, responsabilità. E l’Italia resti a guardare?
In un momento in cui la verità viene sempre più spesso soffocata da interessi geopolitici ed economici, Francesca Albanese rappresenta un faro di integrità e impegno. La sua voce – forte, documentata, implacabile – denuncia ciò che molti preferirebbero ignorare.
Difendere la verità come dovere civico
Di fronte a prove solide che documentano crimini contro l’umanità, sofferenze indicibili e la complicità – stretta o indiretta – di grandi aziende nell’occupazione israeliana, Albanese non ha esitato: ha chiamato le cose col loro nome, anche quando era inevitabile distinguere tra verità e opportunismo politico. La sua analisi del sistema economico dell’occupazione, trasformato in un “economia del genocidio”, è una denuncia alle nostre coscienze e un atto di responsabilità civile estrema.
Gli Stati Uniti chiedono il silenziamento: vergogna senza precedenti
Alla luce delle sue denunce, il governo statunitense ha imposto sanzioni personali a un’esperta delle Nazioni Unite. Congelamento dei suoi beni, divieto di ingresso negli Stati Uniti, accuse di antisemitismo o sostegno al terrorismo: tutto per aver fatto ciò che il suo ruolo richiede. Un messaggio chiaro: non importa la verità, importa la fedeltà politica. Le sanzioni sono state definite da lei stessa “tecniche di intimidazione mafiosa”.
L’Italia? Silenzio imbarazzante e complicità politica
In questo scenario torbido, il silenzio del governo italiano – nello specifico della premier Meloni e del ministro Tajani – risulta non solo assordante, ma profondamente inaccettabile. Nessuna dichiarazione di solidarietà, nessuna presa di posizione in difesa di una cittadina impegnata nel rappresentare il nostro Paese presso le Nazioni Unite. Un silenzio che alimenta sottomissione, mentre valori e diritti vengono messi a tacere.
Un modello da elogiare, una lezione da non dimenticare
Francesca Albanese incarna l’onore del nostro Paese nel consesso internazionale: scienza giuridica, rigore morale, passione civile. Resiste alle pressioni, ai tentativi di delegittimarla, a una macchina diplomatica che preferirebbe riscrivere la narrativa a proprio favore. La sua riconferma all’incarico ONU fino al 2028 è anche una vittoria di civiltà: la prova che chi parla di diritti può ancora farlo con dignità nel sistema internazionale.
Invitiamo tutti a spezzare il silenzio. A condividere, commentare, chiedere che l’Italia si schieri a fianco di chi difende veramente i diritti umani. Il tempo della complicità tace ora deve finire.
mercoledì 2 luglio 2025
IL GIORNO IN CUI NON HO AVUTO FRETTA
Non era un giorno importante.
Niente da festeggiare, niente di nuovo.
Era uno di quei giorni anonimi, spogli, dove la vita sembra andare avanti per inerzia.
Martedì, o forse giovedì.
Il tipo di giorno che, di solito, si dimentica in fretta.
Mi sono svegliata presto, con il corpo stanco e la mente ancora affaticata.
Fuori, un cielo bianco e opaco che non prometteva né pioggia né sole.
Dentro casa, silenzio. Nessuna urgenza che bussasse alla porta. Solo quella sensazione vaga, sospesa, di essere nel mezzo di qualcosa che non so spiegare.
E per una volta, non ho avuto fretta.
Non ho controllato il telefono.
Non ho pensato a cosa “dovevo” fare.
Ho messo su la moka, lentamente, come se ogni gesto avesse un peso nuovo.
Mi sono seduta in cucina, con la tazza calda tra le mani.
E lì, in quell’angolo semplice della mia casa, è successo qualcosa.
Non un’illuminazione.
Niente di mistico o spettacolare.
Solo… un silenzio pieno. Un tempo diverso.
Il vapore saliva piano, disegnando linee nell’aria.
Il profumo del caffè si mescolava con la luce del mattino che entrava morbida dalla finestra.
Il cucchiaino nella tazza faceva un suono rotondo, ritmico.
E io ero lì. Davvero lì.
Non proiettata altrove, non persa nei pensieri.
Presente. Intera.
In quel momento, non mancava niente.
C’era solo ciò che c’era — e andava bene così.
La tazza calda, il respiro lento, la schiena appoggiata alla sedia, il cuore tranquillo.
Non perché tutto l'universo fosse risolto, ma perché finalmente non stavo pensando ad altro.
Era un istante piccolissimo, ma completo.
Uno di quelli che passano inosservati, se non stai attenta.
E invece io lo vedevo. Lo sentivo.
Come si sente qualcosa che ha peso, anche se è leggero.
Non è durato a lungo.
Pochi minuti, forse.
Poi è ripreso tutto: le notifiche, la lista delle cose da fare, la giornata che ricomincia a spingere.
Ma io ero diversa.
Perché avevo toccato quel punto fermo.
Quel posto silenzioso dove la felicità non ha bisogno di dirsi, ma si riconosce.
Non era gioia.
Era lucidità. Presenza.
Un attimo qualunque che, per qualche ragione, conteneva tutto.
Da allora, non lo inseguo.
Non lo pretendo.
Ma so vederlo, quando torna.
E ogni volta, senza clamore, mi ricorda che a volte basta poco per sentirsi esattamente dove si deve essere.
La legge dice.........
La legge dice : metti la rete perchè il cane non deve distrarre il guidatore e non deve catapultarsi verso i sedili anteriori.
E' UN' ORA CHE RIDO😂😂😂
lunedì 30 giugno 2025
Io non sono cambiata. Sono nata così. E forse anche tu.
Non ho avuto un “risveglio”, una crisi, una svolta.
Non c’è stato un momento preciso in cui ho capito che il mondo era più magico di quanto sembrasse.
Perché io lo sapevo già.
Sono nata sognatrice.
Con gli occhi grandi, pieni di cielo, e il cuore che batteva già per gli altri prima ancora di sapere parlare.
Amavo gli animali come fossero fratelli.
Mi commuoveva la gentilezza.
Vedevo storie ovunque: tra le pieghe di una giornata grigia, nel silenzio di una carezza, in uno sguardo che nessuno notava.
E sapete una cosa? Non ho mai smesso.
Mi hanno detto:
"Vedrai, crescendo cambierai.”
“Imparerai a proteggerti.”
“Diventerai più concreta.”
Non è successo.
Non perché io sia speciale, ma perché non ho mai voluto smettere di sentire.
Anche se era scomodo. Anche se faceva male.
Anche se vivere con il cuore aperto significa, a volte, soffrire più degli altri.
Ma significa anche vedere di più.
E quello che vedo, ogni giorno, è un mondo ancora pieno di miracoli piccoli e silenziosi.
Un cane abbandonato che continua ad amare.
Un bambino che ride da solo con un piccione.
Una persona che ti tiene la porta anche se è in ritardo.
Una signora che nutre i gatti del quartiere come se fossero suoi.
Questi sono gli attimi che mi salvano.
Queste sono le storie che voglio raccontare.
Perché sono reali. Perché succedono ogni giorno.
E perché troppo spesso passano inosservate.
Ma non è solo una questione di “vedere”.
È una scelta.
Scegliere di non voltarsi dall’altra parte.
Scegliere di aprire il cuore, anche quando fa male.
Scegliere di credere che l’amore per il prossimo e per gli animali non sia solo un sentimento, ma un modo di essere.
E questa scelta, per quanto piccola, ha un potere immenso.
Perché quando ti fermi a guardare davvero, a sentire davvero, il mondo cambia.
Non magicamente, non senza fatica. Ma cambia, pezzo dopo pezzo, dentro e fuori di te.
La meraviglia non è una favola per bambini.
È un atto di coraggio.
Una ribellione silenziosa contro un mondo che preferisce distrarti, anestetizzarti, farti sentire piccolo.
Quel coraggio esiste.
Dentro ogni istante in cui si sceglie di vedere con gli occhi del cuore.
Se ti senti stanco della routine, se senti che manca qualcosa, non cercare altrove.
Guarda intorno, guarda dentro.
Riscopri la magia che c’è, spesso nascosta, sotto la superficie.
Non devi cambiare per tornare a vivere.
Devi solo ricordarti chi sei stato, prima che ti convincessero a smettere di sognare.
Io sono nata così. E tu?
Il mondo è più magico di quanto crediamo.
E quel mondo comincia dentro di noi.
domenica 15 giugno 2025
La geniallità
Quando Voltaire fu in punto di morte, venne chiamato un prete, che lo esortò a maledire il demonio. “Le sembra questo il momento adatto per farsi altri nemici?” -rispose.
Ah, che lezione! In quell’istante finale, dove il corpo cede e le illusioni svaniscono, Voltaire non cerca salvezza, ma coerenza. Non si inginocchia — rilancia. Mentre il mondo si affanna a separare santi e dannati, lui si sottrae con eleganza al teatrino celeste. Nemmeno all’ultimo secondo si lascia arruolare in una guerra metafisica che non ha mai riconosciuto come sua.
Ironia? Certamente. Ma anche strategia esistenziale.
Perché se c’è una morale, è questa:
Quando sei prossimo al nulla, non ha senso farsi nuovi problemi. Né amici da compiacere, né nemici da maledire. Il diavolo? Figurarsi. Potrebbe pure essere il vicino di bara, meglio non litigarci subito.
E in fondo, Voltaire ci insegna che l’umorismo — quello vero, quello che ti accompagna anche al limite del precipizio — è la più alta forma di libertà.
La morte, come Dio e il Diavolo, può anche bussare alla porta. Ma se rispondi con una battuta, forse, per un istante, sei tu che comandi la scena.