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martedì 20 agosto 2019

L'Amore ha l'amore come solo argomento

Lettera a te EGO mio,

sento come il mio cuore batteva forte e non ho il controllo completo su di esso.
Il mio ego è salito, il mio cuore fu elevato in alto, l’orgoglio della mia abbondante vita, fino a che un giorno lontano, tutto, assolutamente tutto è caduto al di là sul pavimento,  ho pensato che sarebbe stato meglio morta, ho pensato che la mia vita avesse più dolore.
Vagando per la strada  ,non guardi,senti e basta.
Ci sono dei giorni in cui non credi a niente, guardi il mondo cosi’ com’e’,e ti chiedi, ti chiedi e poi non chiedi piu’ nulla.

Sei cosi’: nulla che mi basti,nulla che mi guasti.
Ma ci sono giorni, tanti e bellissimi, nei quali il mio ego diviene lucido, luminoso,inossidabile oro.


venerdì 2 agosto 2019

La conosci tu la solitudine?

Sì, quella dei poeti e degli impotenti.
La solitudine?
Quale solitudine?
Ma lo sai che non si è mai soli?
E che dovunque ci portiamo addosso
il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro?
Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi.
E fossero solo loro, poco male.
Ma ci sono anche quelli che abbiamo amato,
quelli che abbiamo amato e che ci hanno amato.
Il rimpianto,
il desiderio,
il disincanto e la dolcezza,
le puttane e la banda degli dei!
La solitudine risuona di denti che stridono,
chiasso, lamenti perduti…
se soltanto potessi godere la vera solitudine,
non questa mia solitudine infestata dai fantasmi,
ma quella vera,
fatta di silenzio e
tremore d’alberi».
Albert Camus, “Caligola”









sabato 27 luglio 2019

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale ...

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
di Eugenio Montale
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.


"...nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile". (...)

lunedì 22 luglio 2019

Siamo stanchi...

Siamo stanchi di diventare giovani seri,
o contenti per forza, o criminali o nevrotici;
vogliamo ridere, essere innocenti, aspettare
qualcosa dalla vita, chiedere, ignorare.
Non vogliamo essere subito già così sicuri.
Non vogliamo essere subito già così senza sogni.
Questi bellissimi versi di Pasolini, tratti da lettere Luterane hanno diversi piani di lettura e possono essere presi a prestito per formulare i ragionamenti più diversificati estrapolandone il significato.
Di primo acchito suonano come un inno di ribellione da parte dei giovani, giovani d’oggi, i nostri figli, così ignorati e bistrattati da politiche miopi ed egoiste che negli ultimi decenni, bruciando tutte le risorse sull’altare della produttività esasperata hanno bruciato pure i loro sogni e ogni tentativo di progettualità.
Non c’è spazio per loro e paradossalmente, rispetto a noi che siamo passati dal niente al tutto, loro passeranno dal tutto al niente il che significa vedere azzerare qualsiasi tipo di pianificazione che non sia la programmazione di qualcosa da lì a qualche giorno.
Danni irreversibili di cui loro stanno facendo le spese, figli di una globalizzazione che cominciò a profilarsi già negli anni ‘60/70 attraverso uno sviluppo selvaggio che se da un lato produsse il tanto agognato benessere diffuso, di contro creò i presupposti per il dilagare del conformismo e dell’omologazione, punta dell’iceberg di uno straripante edonismo collettivo.
Questi versi di Pasolini, lungimiranti e pregni di significato, si riferivano a quei giovani, perché lo scrittore già allora vedeva il profilarsi dello sgretolamento della società sotto i picconamenti perversi e pervasivi di nuovi modelli culturali che li allontanavano dalla loro primigenia natura.
I versi successivi chiariscono l’enunciato iniziale ed è un chiaro appello nei confronti degli adulti, l’autorità costituita, qua raffigurata nella figura del Signor Maestro perché riconosca e rispetti la loro identità, non li manipoli e li plasmi a sua immagine e somiglianza, assumendo un atteggiamento falsamente protettivo che li privi della possibilità di sbagliare, misurarsi, crescere...
Lo sciopero diventa uno strumento di lotta per affermare il loro diritto di cittadini liberi, consapevoli,
...ma il tempo non gli ha dato ragione.
Sciopero, sciopero, compagni! Per i nostri doveri.
Signor Maestro, la smetta di trattarci come scemi
che bisogna sempre non offendere, non ferire,
non toccare. Non ci aduli, siamo uomini, Signor Maestro!
da P. P. Pasolini, Lettere Luterane – Il progresso come falso progresso