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giovedì 17 ottobre 2024

Sant'Ignazio di Loyola: Il Tempio del Mistero tra Luce e Ombra

 La Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola, nel cuore pulsante di Roma, è un portale che sembra custodire il mistero del divino e dell'umano, in un'armonia perfetta di luce e ombra, bellezza e inquietudine. Già dall’esterno, la sua facciata barocca accoglie con una semplicità solenne, come se volesse nascondere il suo vero segreto dietro una parvenza di sobrietà. Ma varcato il portone, l’anima si trova catturata in un vortice di sensazioni contraddittorie: un senso di purezza che si scontra con un macabro silenzio, quasi innaturale.

All’interno, l'illusione diventa padrona. Gli affreschi della volta creano un cielo che si srotola sopra il visitatore, dissolvendo il confine tra il terreno e il celestiale. Andrea Pozzo, con il suo genio pittorico, ha ingannato il tempo e lo spazio: la cupola che non esiste si materializza davanti agli occhi di chi osa alzare lo sguardo, sospesa come un miraggio. Un trucco ottico, un artificio tecnico, eppure sembra parlare di un mondo ultraterreno, distante e inarrivabile, dove la razionalità si dissolve.

La navata centrale è un'esplosione di colori dorati e toni cupi, un gioco di contrasti che danza sotto la luce tremolante delle candele. Qui, la bellezza diventa quasi opprimente, il dettaglio talmente minuzioso da sembrare frutto di una volontà superiore. Il pavimento di marmo lucido riflette gli affreschi della volta, creando un doppio mondo, come se i confini tra il sopra e il sotto fossero irrimediabilmente confusi, richiamando alla mente il labirinto dell’anima umana.

Ma non tutto in Sant'Ignazio è luce. C'è qualcosa di inquietante, come se le pareti stesse custodissero un segreto antico, un mormorio di preghiere sussurrate nei secoli, che si perdono nelle ombre. I santi, congelati nel marmo e nel gesso, sembrano osservare con sguardi fissi e impenetrabili, guardiani di un mistero che non può essere svelato. C'è un senso di morte che aleggia in questa magnificenza: il trionfo del divino, forse, sulla mortalità umana. I corpi scolpiti e dipinti sembrano pronti a risvegliarsi, quasi a ricordarci che, dietro la bellezza eterna, si cela sempre una forma di fragilità.

Eppure, nonostante questo richiamo al macabro, la purezza delle linee è innegabile. Le colonne, maestose e slanciate, si ergono verso il cielo con un’eleganza che sfida la gravità. Le forme curve e i motivi dorati abbracciano lo spazio senza forzarlo, creando un’armonia che sembra provenire da una perfezione ultraterrena. C’è una matematica divina, una logica mistica nel modo in cui tutto si combina: una simmetria che, paradossalmente, rivela l’impossibilità di comprendere appieno il mistero che Sant'Ignazio custodisce.

In questo luogo, ogni passo rimbomba come un eco lontano, ogni sguardo si perde in una dimensione altra, sospesa tra la vita e la morte, il terreno e l’eterno. La chiesa di Sant'Ignazio di Loyola non è solo una cattedrale, ma una soglia: un portale tra ciò che vediamo e ciò che ci è nascosto, tra la bellezza abbagliante e il macabro segreto che, forse, non vorremmo mai svelare.




L'amore è... sopportarsi e sorridere mentre si brucia la cena!

 

L'amore è un'avventura straordinaria, dicono. Ma diciamocelo, a volte è più simile a una serie di prove di sopravvivenza in una cucina disordinata. Immaginate la scena: tu e il tuo partner decidete di cucinare insieme una romantica cena a lume di candela. Che meraviglia! Finché non arriva il momento di scegliere chi taglia le cipolle... ed è lì che inizia la vera sfida d'amore.

Amarsi è facile, sopportarsi è un'arte!

Sì, perché l'amore non è solo quello delle passeggiate al tramonto o delle dichiarazioni appassionate. No, signori miei, l'amore vero si vede quando l'altro lascia sempre il dentifricio aperto, o quando tu metti le calze stese in giro per casa come fossero parte dell'arredamento. E mentre nel mondo dei film romantici il dramma è sempre emozionante e perfetto, nella vita reale il massimo della tensione è decidere chi deve scendere a buttare l'immondizia sotto la pioggia.

Ma sapete qual è la bellezza di tutto questo? L'amore è proprio quella magica capacità di sopportarsi... e riderci su!

"L'amore è pazienza, l'amore è attesa" – O l'amore è chi prende l'ultima fetta di pizza?

Perché in fondo, l'amore non è solo sentirsi le farfalle nello stomaco quando ci si guarda negli occhi. È anche riuscire a dividere la pizza (quasi equamente, diciamo) e non perdere la pazienza quando l'altro dimentica il compleanno del gatto.

Amarsi significa accettare le piccole stranezze dell'altro – i tic, le manie, quel fastidioso vizio di parlare durante i film più emozionanti – e capire che, in fondo, la perfezione non esiste. O meglio, esiste, ma è imperfetta. Ed è proprio questo il bello!

Il segreto? Amarsi... ma anche sopportarsi (con stile)

Allora, come si fa a mantenere viva la fiamma senza lasciarsi travolgere dalle piccole seccature quotidiane? La risposta è semplice (più o meno): prendersi poco sul serio, ridere insieme e ricordarsi che sì, l'amore è una cosa seria, ma non deve essere per forza noioso o drammatico.

Ricorda, l'amore vero non è mai senza difetti. È quando quei difetti diventano motivo di sorrisi invece che di stress, che si capisce davvero cosa significa amarsi.

Quindi, la prossima volta che la cena brucia e la cucina sembra uscita da un disastro naturale, fate un respiro profondo, guardate il vostro partner e... rideteci su! Forse la pizza arriverà con 40 minuti di ritardo, ma l'amore, quello vero, può sempre aspettare un po' (e sopravvivere anche a una serata senza cena gourmet).


In conclusione: Amatevi tanto, sopportatevi un po', e non dimenticate mai di divertirvi lungo la strada... anche quando è un po' accidentata!




domenica 13 ottobre 2024

STORIE DA SCOPRIRE

 Lucrezia Borgia-----sotto il manto di Roma


La terra di Sarah


Galateo---una vita tra saggezza e passioni


Pirandello-----vite inverse



Dedicati a chi mi ha voluto bene, a chi ha saputo leggere oltre e a chi ha scelto di andare via... rimane un po' di rimpianto. il rimpianto accompagna i miei passi a volte, ...porto sempre con me tutto ciò che è stato. 






Mercato centrale, storia e curiosità di uno dei simboli di Livorno

 Progettato da Angiolo Badaloni e inaugurato nel 1894, conserva tutt'oggi intatto il suo fascino


E' uno dei luoghi simbolo di Livorno, capace di entrare immediatamente nel cuore sia dei semplici avventori che dei turisti di passaggio nella nostra città. Stiamo parlando del Mercato delle Vettovaglie (noto anche come Mercato centrale), il maestoso edificio costruito sugli Scali Aurelio Saffi lungo il Fosso Reale al cui interno si mescolano gli odori di pesce, carne, frutti e verdure. Al suo interno, tra i numerosi banchi, si respira un'atmosfera particolare, quasi di altri tempi, come se il tempo, qua, si fosse fermato.

Mercato delle Vettovaglie, costruzione e significato simbolico

Il Mercato, costruito a partire dal 1890 e inaugurato il 28 febbraio 1894, venne realizzato su impulso del sindaco Nicola Costella, il quale, per rilanciare l'economia cittadina colpita dalla crisi provocata dalla nazionalizzazione del mercato italiano, diede impulso ad un vasto programma di opere pubbliche. Il progetto fu affidato ad Angiolo Badaloni e all'edificio venne dato un forte valore simbolico: la sua posizione tra la città vecchia, nella zona tra la Fortezza Vecchia e la Fortezza Nuova, e la città nuova, estesasi oltre il Fosso Reale tra il XVIII ed il XIX secolo, non è infatti casuale e vuole sottolinearne la sua accessibilità ad ogni ceto sociale dando nuovo lustro all'immagine della città. Il Mercato delle Vettovaglie, però, fu costruito anche per esigenze funzionali: il precedente mercato di piazza delle Erbe non era infatti ritenuto idoneo a soddisfare le esigenze di una popolazione in costante crescita, tanto da venir considerato un potenziale focolaio di infezioni.

Mercato-13
Mercato-13

Mercato delle Vettovaglie, la seconda guerra mondiale e la restaurazione

Durante la seconda guerra mondiale l'edificio, colpito dai bombardamenti, riportò gravi danni. Gli americani inoltre, una volta arrivati a Livorno, utilizzarono la struttura, composta da tre grandi padiglioni, come garage per automobili. A termine del conflitto, tuttavia, l'amministrazione comunale e i cittadini si adoperarono affinché il Mercato venisse riportato alle sue finalità d'uso originarie, con i lavori di ricostruzione e ristrutturazione che riportarono l'edificio all'antico splendore. Interventi di manutenzione, poi, si sono susseguiti nel corso degli anni, con l'ultimo piano del Mercato che, a partire dal 1988, è stato adibito a conservare una parte di archivio storico e un fondo bibliotecario, simboli della memoria del popolo livornese.

Mercato delle Vettovaglie, fonte di ispirazione per attori e artisti 

Il Mercato delle Vettovaglie è stato frequentato da alcuni tra i maggiori attori, comici e artisti del nostro Paese. Gino Bramieri e Walter Chiari, ad esempio, amavamo muoversi tra i banchi dell'edificio ascoltando le storie di commercianti e cittadini per prendere spunti per i loro spettacoli. Nel secondo piano della struttura, adibito per ospitare uffici, c'era inoltre l'atelier del pittore Amedeo Modigliani, uno dei personaggi livornesi più celebri a livello internazionale.




















https://www.livornotoday.it/social/mercato-centrale-livorno-storia-curiosita.html