Benvenuti

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venerdì 13 settembre 2019

I peggiori lividi me li sono fatti volendo bene.

Mi travesto da lupo solo per fare in modo che le pecore si levino dalle palle.

«Ascolta la quiete, - diceva Margherita al Maestro, e la sabbia frusciava sotto i suoi piedi nudi, - ascolta e godi ciò che non ti hanno mai concesso in vita: il silenzio. Guarda, ecco là davanti la tua casa eterna, che ti è stata data per ricompensa. Già vedo la trifora e la vite che s’attorce e s’alza fino al tetto. Ecco la tua casa, la tua casa eterna. So che alla sera ti verranno a trovare coloro che tu ami, che ti interessano e che non ti inquieteranno. Suoneranno per te, canteranno per te, vedrai che luce ci sarà nella camera quando saranno accese le candele. Ti addormenterai, col tuo berretto consunto ed eterno, ti addormenterai col sorriso sulle labbra. Il sonno ti rinforzerà e i saggi saranno i tuoi pensieri. E mandarmi via ormai non potrai. Il tuo sonno lo proteggerò io». M. Bulgakov, “Il maestro e Margherita”

Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. (L'attimo fuggente)

«L’ultima volta che la vide non sapeva che era l’ultima volta che la vedeva. Perché? Perché queste cose non si sanno mai. Allora non fu gentile quell’ultima volta? Sì, ma non a sufficienza per l’eternità».

A stare troppo tempo da soli, ci si innamora della propria libertà.

Buongiorno

martedì 10 settembre 2019

Non resisto a lungo né in un teatro né in un cinema, non riesco quasi a leggere il giornale, leggo raramente un libro moderno, non capisco quale piacere vadano a cercare gli uomini nelle ferrovie affollate e negli alberghi, nei caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti e invadenti, nei bar e nei teatri di varietà delle eleganti città di lusso, nelle esposizioni mondiali, alle conferenze pei desiderosi di cultura, nei grandi campi sportivi: non posso condividere, non posso comprendere queste gioie che potrei avere a portata di mano e che mille altri si sforzano di raggiungere. Ciò che invece mi accade nelle rare ore di gioia, ciò che per me è delizia, estasi ed elevazione, il mondo lo conosce e cerca e ama tutt'al più nella poesia: nella vita gli sembrano pazzie. Infatti se il mondo ha ragione, se hanno ragione le musiche nei caffè, i divertimenti in massa, la gente americana che si contenta di così poco, vuol dire che ho torto io, che sono io il pazzo, il vero lupo della steppa, come mi chiamai più volte, l'animale sperduto in un mondo a lui estraneo e incomprensibile, che non trova più la patria, l'aria, il nutrimento». Hermann Hesse, “Il lupo della steppa”, 1946.

Cosa darei per dire "ciao papà", come facevo una volta. Per ascoltare la tua voce e vedere il tuo sorriso. Per sedere con te e chiacchierare un po'. Se avete un padre trattatelo con cura perché non conoscerete mai il dolore finché non vedrete la sua sedia vuota.

La mia solitudine non dipende dalla presenza o assenza di persone; al contrario io odio chi ruba la mia solitudine, senza, in cambio, offrirmi una vera compagnia. (Nietzsche)